mercoledì 23 agosto 2017

Giappone e tatuaggi

Chi conosce almeno un poco la cultura giapponese sa che i tatuaggi in Giappone non sono generalmente ben visti in società, non conta che siano grandiose opere d'arte "a tutto corpo" o piccolissime riproduzioni di nomi o graziosi animaletti. Vige quindi il divieto di ingresso a persone tatuate in luoghi come stabilimenti termali, piscine (pubbliche e private), parchi acquatici, e così via.

In questi giorni, però, il web (occidentale) si sta infervorando attorno alla questione, con sdegno e pretese: il governo giapponese deve fare qualcosa, il turismo internazionale è penalizzato, in vista delle Olimpiadi la questione va risolta... e altre amenità su questi toni di grande presunzione.
Presunzione, sì, perché chi scrive e si indigna presume che il suo punto di vista sia giusto e inoppugnabile: il resto del mondo ama i tatuaggi, il Giappone si deve adeguare e basta.

Dov'è finito il rispetto? Rispetto per un paese diverso dal proprio, in cui vigono regole di comportamento che sono generalmente esemplari e grazie alle quali il paese, densamente popolato e perciò estremamente organizzato, risulti essere uno dei più sicuri e belli da visitare e in cui vivere.
Chi e in base a quale diritto si sente di poter cambiare le regole in casa di altri? Le Olimpiadi di Tokyo 2020 non saranno un problema: gli atleti potranno esibire in gara i tatuaggi, ma se andranno in luoghi pubblici in cui viga il divieto lo dovranno rispettare come ogni altra persona, giapponese o meno.

I turisti che non si adattano alle regole non sono certo una risorsa che possa invogliare un governo, che vede già un forte e costante incremento di presenze negli ultimi anni, a imporre alla sua popolazione un cambiamento di opinione. Perché questo è: l'opinione pubblica è ancora per la maggior parte dell'idea che le persone non debbano mostrare i propri tatuaggi in pubblico. Imporre il cambiamento per qualche straniero di passaggio sarebbe davvero una buona idea? Io sono convinta di no.

Si deve viaggiare tenendo conto di una cosa fondamentale: ovunque andiamo noi siamo ospiti, non padroni di casa, e nessuno ci obbliga a partire così come nessuno è obbligato a riceverci. Impariamo a informarci e valutare cosa possiamo accettare o meno, prima di decidere se partire. Ma se decidiamo di andare, stiamo anche accettando di adeguarci a quello che troveremo, nel massimo rispetto per chi ci accoglierà.

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